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  • Avv. Edoardo Tamagnone

Voluntary Disclosure

Aggiornamento: 3 set 2018

Ultima occasione per l’emersione dei capitali esteri.


La VD si inserisce nel contesto internazionale di lotta globale all’evasione fiscale. Dal momento che il trasferimento di numerosi capitali in realtà “offshore” ha prodotto a livello globale una notevole erosione delle risorse fiscali dei singoli Paesi, Stati Uniti e Unione Europea hanno fatto forti pressioni nei confronti dei Paesi Black Lists affinché questi, con la minaccia dell’isolamento nell’operatività mondiale, aderiscano a un sistema di scambio automatico dei dati.

Prima gli Stati Uniti con l’introduzione nel 2010 della normativa FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act), poi OCSE, con G20 e Unione Europea, hanno dunque imposto un protocollo globale per lo scambio automatico delle informazioni (Common Reporting Standard).

“In forza di tali accordi internazionali le amministrazioni finanziarie degli Stati aderenti otterranno informazioni dalle istituzioni finanziarie ivi stabilite in ordine ai conti detenuti da persone fisiche e società (compresi i trust e fondazioni); con frequenza annuale le amministrazioni finanziarie scambieranno automaticamente con gli altri Paesi aderenti le informazioni raccolte sui soggetti titolari delle giacenze e ivi residenti.”

Pertanto, a seguito dell’entrata in vigore dello scambio automatico, l’Agenzia delle Entrate verrà automaticamente a conoscenza dell’esistenza, ad esempio, di conti correnti e dei contratti assicurativi con contenuto finanziario intrattenuti all’estero ma intestati a soggetti che abbiano la residenza (amministrativa o fiscale) in Italia.


Come funziona lo scambio automatico di informazioni


Vi è un primo gruppo di Paesi (i promotori) che si è obbligato alla rapida adozione del nuovo standard e ha fissato il primo scambio di informazioni, con riferimento alle attività finanziarie detenute nel 2016, al settembre 2017; si tratta dei Paesi che trarranno vantaggio dall’accordo in quanto interessati ad individuare capitali sfuggiti al proprio potere impositivo (fra gli altri, Italia, Germania, Olanda e Irlanda ma anche Isole Vergini e Isole Cayman). Il secondo gruppo di Paesi aderenti scambierà le informazioni a far data dal 2018, con riferimento alle attività finanziarie detenute nel 2017, ed è in pratica costituito dai quei Paesi tradizionalmente poco collaborativi che sono stati “costretti” alla partecipazione; vi appartengono fra gli altri Svizzera, Bahamas, Monaco e Arabia Saudita.

Entro il 2018, solo cinque Paesi con un sistema bancario proprio (Bahrain, Cook Islands, Nauru, Panama e Vanuatu) resteranno esclusi dal Common reporting standard (Crs), l'accordo in base al quale le amministrazioni finanziarie dei Paesi aderenti avranno la possibilità di ottenere, su base annua e attraverso uno scambio automatico, le informazioni considerate rilevanti dalle banche dei sistemi finanziari facenti parte dell'accordo.


Le istituzioni finanziarie su cui ricade l’obbligo di segnalazione non sono soltanto le banche ma anche gli intermediari finanziari, i brokers, le compagnie di assicurazione e gli organismi di investimento collettivo.

Le informazioni finanziarie da segnalare comprendono tutti i tipi di redditi da capitale, quindi gli interessi, i dividendi, i redditi derivanti da alcuni contratti assicurativi, nonché i redditi derivanti dalle attività finanziarie o dalla loro vendita.


Inoltre nel corso dell’ultimo anno sono stati conclusi accordi bilaterali con Montecarlo, Lussemburgo, Liechtenstein, San Marino, Svizzera e altri paesi minori che comporteranno la fine del segreto bancario e l’instaurarsi di reciproci obblighi di trasparenza nella comunicazione di informazioni.

Al momento hanno sottoscritto accordi di collaborazione con l’Italia, la Svizzera il 23 febbraio 2015, il Liechtenstein il 26 febbraio 2015, il Principato di Monaco il 2 marzo 2015 e la Città del Vaticano il 1° aprile 2015.

La rapida conclusione di tali accordi, che da anni erano in fase di negoziazione, è stata agevolata anche dal fatto che la Legge 186/14 dispone uno sconto sulle sanzioni e il dimezzamento dei tempi di accertamento qualora il paese Black List, presso il quale sono depositate le giacenze, sottoscriva con un accordo sullo scambio di informazioni con l’Italia entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della norma.

La conseguenza più importante di questi accordi è, dunque, quella di consentire all'Agenzia delle Entrate italiana di richiedere informazioni finanziarie relative ai propri contribuenti che detengano attività non dichiarate in Svizzera, nel Principato di Monaco o in altri paradisi fiscali decretando di fatto la fine del segreto bancario.

Sia l’accordo con la Svizzera che con il Principato di Monaco prevedono, infatti, sin da ora lo scambio di informazioni su richiesta per posizioni individuali o di gruppi di contribuenti

A seguito delle informazioni sulle posizioni aperte all’estero il Fisco italiano potrà immediatamente emettere avvisi di accertamento a carico dei contribuenti che non hanno regolarizzato i propri capitali esteri, con retroattività di dieci anni, irrogando sanzioni rilevantissime che andranno ad erodere completamente il patrimonio detenuto all’estero.

Inoltre dal 1° gennaio 2015 chi utilizza somme illegalmente detenute all’estero può essere sottoposto a procedimento penale per il reato di autoriciclaggio, punito con la reclusione fino ad otto anni. Pertanto a seguito dell’accertamento tributario il contribuente sarà anche soggetto ad un procedimento penale.


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